
La forza della speranza
L’ebreo picchiato a sangue davanti agli occhi del figlio impotente e agli altri prigionieri, le donne ebree scheletrite e cadenti, sputate e vilipese da una folla sghignazzante di tedeschi e di tedesche, i prigionieri tubercolotici italiani e stranieri lasciati morire di fame e di inedia, egli stesso, smagrito e sofferente davanti agli alti forni e alle presse, i coniugi tedeschi tirati giù per la giacca con il viso ed il corpo nella cunetta di acqua sporca, il torsolo di una mela gettato dagli aguzzini tedeschi nei rifiuti di ferro e carpito e divorato da due ebrei macilenti ed affamati, il viaggio nel treno convoglio dell’orrore che portava migliaia di uomini inermi ed indifesi nell’abisso dell’ignoto tra sofferenze indicibili, la fame di pane e soprattutto la fame di libertà, calpestata e chiusa dal filo spinato, sembrano le sequenze di un film descritto con realismo, sobrietà e lucidità, narrate come in una scenografia, dove non esiste una realtà virtuale, ma una cruda ed oscena realtà: su tutto e su tutti si stende sempre il suo sguardo accorato adombrato da un velo di mestizia e di umana solidarietà per i deboli e gli indifesi offesi, una dolorosa e contenuta pietas che cerca di guardare oltre per salvare la vita, sempre.
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